Il sindaco Fassino, la scorsa settimana al convegno sulla scuola organizzato dalla Conferenza dei vescovi piemontesi, ha ricordato qualche cifra: “nell’assistenza sociale su 523 strutture solo 30 sono pubbliche. Più del 90% sono gestite da imprese sociali, volontariato. Perché se lo facciamo anche nel servizio scolastico è lesa maestà? Non si capisce davvero”. Devo dire che ho apprezzato la sua coerenza, perché, in campagna elettorale, aveva dichiarato la volontà di aprire i servizi educativi al contributo di familiari e volontari e a servirsi maggiormente delle imprese sociali, fatto salvo il ruolo centrale delle professioni educative, della programmazione e del controllo pubblico.
In effetti, il paradosso del sistema torinese è che i due modelli gestionali al momento sono opposti nel sistema di erogazione: la gestione affidata a terzi è (più o meno) al 90% nei servizi sociali e al 10% nei servizi educativi. Non credo che la ragione sia – come scorrettamente sostenuto da alcuni – che in un caso basti un servizio prevalentemente di custodia e nell’altro invece vi sia l’esigenza di alta qualità, chissà perché garantibile solo dal pubblico. Le ragioni sono altre, pur comprensibili: meglio essere dipendente a tempo indeterminato nel pubblico impiego, guadagnando un po’ di più rispetto ai lavoratori delle imprese sociali, lavorando un po’ di meno a settimana e sicuri di non essere mai licenziati.
Penso di aver contribuito nei miei otto anni da Assessore ai servizi sociali, anche grazie a una squadra staordinaria e al pieno sostegno di Castellani e Chiamparino, a creare a Torino un sistema meno caro, più responsabile, più partecipato, più competitivo rispetto a quello “tuttopubblico”. Oggi i servizi sociali sono normalmente dati in accreditamento, le strutture date in concessione con obbligo di manutenzione, con larga soddisfazione degli utenti e con un significativo (anche se ancora largamente migliorabile) coinvolgimento dei lavoratori, dei volontari e dei fruitori. L’Assessorato, invece di star dietro alle mille questioni gestionali, si concentra sulla programmazione, sulle garanzie di accesso, sulle tariffe, sui controlli, sulla promozione della cittadinanza attiva, sulla qualificazione dei lavoratori, sulla soddisfazione dell’utenza.
Insomma, questo welfare municipale e comunitario può, a Torino, far d’esempio per un sistema educativo di assoluta qualità, ma non più sostenibile sul piano dei costi.