I tagli previsti in sanità sono significativi: 4,7 miliardi in meno in tre anni previsti dalla spending review del governo Monti, che diventano 21,7 se si sommano le diverse manovre degli ultimi due anni. Per capire l’effetto per il Piemonte basta moltiplicare gli importi per l’8%: poco meno di 200 milioni, se si considera l’insieme delle manovre, da Tremonti a oggi.
Fortunatamente si tratta di riduzioni da valutare in riferimento al previsto trend di crescita del finanziamento del SSN che era stato definito nel 2010. Il risultato quindi è meno drammatico di quanto si potrebbe supporre: in sostanza, il fondo nazionale per la sanità nel 2014 sarà coincidente o quasi con quello del 2010. Insomma, per quattro anni non si avranno incrementi, neanche per coprire l’inflazione.
Peraltro il quadro non è completo, poiché la Regione Piemonte intende ridurre, fino ad azzerarlo, il contributo integrativo al fondo sanitario nazionale, per evitare di far crescere ulteriormente il debito. Così, progressivamente, entro il 2015 la Regione non dovrebbe più mettere un quattrino del suo bilancio sulla sanità. In questo caso, sono effettivamente tanti i soldi in meno (nel 2010 erano stati 400 i milioni provenienti dal bilancio regionale) di cui potrà disporre il comparto della salute.
In pratica, tra due/tre anni la sanità piemontese avrà circa 400 milioni di euro in meno rispetto al 2010, con un taglio di circa il 5% sulla spesa complessiva di poco più di 8 miliardi.
Certo, se si fa il confronto con gli incrementi di spesa (mediamente il quattro/cinque per cento in più ogni anno) registrati nei primi dieci anni del secolo, non c’è confronto. Ma se invece si paragona con i tagli che stanno subendo gli altri comparti di spesa (welfare, trasporti, cultura, sport, ambiente, ecc.), allora la prospettiva e i sacrifici richiesti appaiono meno drammatici. Si pensi solo ai tagli ai servizi sociali: meno 20% solo quest’anno. O ai tagli alla cultura, ancora maggiori.
So di parlare fuori dal coro, ma io giudico ragionevoli molte delle misure della spending review per la sanità: il limite al numero di posti letto per abitanti, la ridefinizione dei contratti sulla base dei costi di riferimento, il tetto alla spesa farmaceutica territoriale, ecc. sono misure di buon senso. Non condivido invece la proposta di ridurre del 5% le prestazioni e i relativi corrispettivi acquistati da terzi, poiché rischia di essere un taglio effettivo sul servizio erogato, che pagheranno i lavoratori delle ditte fornitrici e i cittadini utenti.
Le misure di razionalizzazione previste in Regione dal Piano sanitario e dall’assessore Monferino (già peraltro indicate anche nel precedente Piano del centrosinistra) sono l’altra faccia, quella piemontese, della spending review. Centralizzare gli acquisti, i magazzini, l’informatica, l’edilizia; mettere in rete, con ruoli diversi, gli ospedali: questi e altri interventi sono necessari e coerenti con il principio universalistico che ispira il Servizio Sanitario Nazionale.
Stefano Lepri