Movimento Cinque stelle, SEL e Lega Nord hanno in questi giorni guidato l’opposizione alla riforma della Costituzione, ma io non li ho capiti.
I pentastellati hanno presentato solo duecento emendamenti, quindi non volevano l’ostruzionismo. Poi, però, hanno aiutato SEL a tener duro e a non ritirare almeno parte dei loro settemila, così contraddicendosi: o vuoi discutere nel merito (e duecento emendamenti bastano e avanzano), o vuoi costringere la maggioranza a utilizzare le prerogative del regolamento. Come sempre finora, è prevalsa in loro la protesta. Forse perché la propaganda è preferibile alla realtà vera: questa riforma è democratica, è ancora forse migliorabile ma non è certo autoritaria.
Non paghi, hanno marciato sul Quirinale chiedendo sostegno al Presidente della Repubblica, dimentichi che solo a gennaio avevano chiesto la messa in stato d’accusa per Napolitano. Grillo se l’è ricordato solo stamattina, chiedendogli di dimettersi.
La Lega Nord ieri, con un suo senatore ha platealmente stracciato la Costituzione in Aula. Ma poco sotto, i pezzi di carta cadevano vicino a Calderoli (uno dei due relatori ed ex capogruppo) che nella sua relazione ha vantato i grandi miglioramenti di un testo da lui apprezzato.
SEL è stata più coerente: nessun arretramento. Una rigidità incomprensibile, perché il ritiro di una larga parte degli emendamenti li avrebbe messi in una posizione di forza nel richiedere un vero dibattito e forse anche modifiche del testo.
Conclusione: spero che le prossime due settimane, prima del voto finale dell’8 agosto, si provi a riconoscere il dibattito in Aula come il momento supremo in cui le opinioni si confrontano davvero; in cui però anche, infine, la maggioranza decide.
Stefano Lepri