Ieri, verso l’ora di pranzo, ricevo un sms: leggi Lo Spiffero. Ho molto altro da fare, ma ci butto ogni giorno uno sguardo: ricostruisce vicende e racconta retroscena spesso fondati, ospita commenti interessanti e aiuta il confronto. Visti i meriti, finisco quasi sempre per sorridere di fronte alla sottile opera di promozione o protezione degli ispiratori della pubblicità. Sorrido meno invece quando colgo distanza, o peggio, verso altri: sarà che non spifferano abbastanza o che addirittura stanno sull’anima agli sponsor? E’ solo una domanda maliziosa, al pari di molte loro. L’indipendenza, comunque, è un’altra cosa.
Dunque, butto un occhio e leggo che il signor Giuliano Soria avrebbe dichiarato al processo di avermi dato soldi in nero. Trasecolo solo per un attimo e ricostruisco: mai visto di persona, mai incrociato lo sguardo, mai telefonato, mai, dico mai, partecipato ai suoi eventi. E invece ho sempre criticato la grandeur di quegli anni, i salotti buoni, i poteri forti e le pratiche consociative. Con le Commissioni d’indagine su Mauriziano e su SITO, che ho guidato e per le quali ho steso le relazioni, mi sono fatto molti nemici. Me ne sono fatti altri con l’interrogazione sul Grinzane Cavour, allegata e ovviamente rimasta senza risposta, che mi sono potuto permettere proprio per l’assoluta distanza da quelle vanagloriose vicende. Se volete ridere, leggetela.
Tutto sommato, allora ho pensato con un pizzico d’orgoglio: è una modesta vendetta di molti. Mi ero, in parte, sbagliato. Il mistero mi viene svelato da altri giornalisti: l’imputato ha fatto il nome di un altro assessore ma qualcuno, tra i giornalisti o gli avvocati, avrebbe forse sentito il mio, rilanciando. Così, pur in assenza di certezza e pur di non mancare un nome, all’inizio tutti mi hanno citato, direi forse per passaparola di un presunto sentito dire. Poi qualcuno tra i corrispondenti (di seri ne esistono ancora) ha verificato e ha subito cancellato il mio nome. Altri, su mia sollecitazione, lo hanno fatto dopo un’ora, scusandosi. Solo in un caso, indovinate quale, ho dovuto minacciare querela, perché si insisteva sull’equivoco possibile: “Soria ha detto forse X, ma pensava forse a Y”. Così, in nome del diritto di cronaca consistente nel riportare l’equivoco, si voleva continuare a infangare la mia reputazione, pur essendo stato assodato che si era di fronte ad un errore.
Morale: ho perso mezzo pomeriggio a rincorrere giornali e a tutelare la mia onorabilità con colleghi increduli. Ma il più incredulo sono io, perché mi domando: se non si è certi di una notizia, non è meglio approfondire, prima di sparare fango su una persona che non c’entra nulla? Temo che la concorrenza on line stia brutalizzando le notizie e il rispetto. Seconda domanda: Soria ha fatto nomi di giornalisti, anche locali, che hanno beneficiato delle sue iniziative, forse in modo eccessivo. Perché i loro nomi sono secretati? Forse, dopo questa vicenda, ho capito perché lo chiamano il quinto potere.
Stefano Lepri