La notizia riportata da tutti i giornali, annunciata nell’assemblea di sabato, è la volontà di ridurre le tasse (sulla prima casa, ma anche IRES e IRPEF) nei prossimi tre anni. Renzi ha parlato per un’ora e mezzo, con determinazione e con una simpatia trascinante, dando conto dei risultati ottenuti finora, ricordando la crescente reputazione dell’Italia, senza tuttavia negare i problemi e le difficoltà.
Suggerisco di ascoltarlo o riascoltarlo su youdem, il canale televisivo on line del partito; gli scettici e i critici a prescindere non potranno che ammettere la capacità di visione, oltre a quella oratoria.
Sono state dette molte cose importanti, ma voglio sottolineare un concetto ripetuto in diversi passaggi: siamo di sinistra, ma se si spinge troppo a sinistra si perde. E’ più di sinistra non far chiudere le fabbriche (come avvenuto per Electrolux o la siderurgia di Terni) o fare convegni inutili o far visita ai rivoluzionari presunti di Atene? Anche il governo greco ha infatti dovuto mettere in un angolo gli oltranzisti velleitari. In questa logica, il premier ha portato come esempio Sergio Marchionne, che ha vinto e rilanciato FCA e gli stabilimenti italiani, mentre hanno avuto torto i sindacalisti di sventura.
E’ in questa prospettiva che Renzi ha annunciato la volontà di ridurre le tasse ai cittadini alle imprese, dopo aver già cominciato quest’anno con gli ottanta euro e il taglio dell’IRAP. Ciò peraltro con l’impegno a non sfondare il rapporto deficit/PIL oltre il tre per cento e grazie ai risparmi delle tante riforme, che dovrebbero liberare le risorse necessarie. Ce la faremo o si tratta di meri annunci? Io penso che sia possibile e anche opportuno, pur sempre mantenendo il principio della progressività delle imposte.
Così, le proposte di Renzi candidano il PD a diventare un sicuro riferimento anche per il ceto medio e per i produttori, non solo per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Senza sguarnire e dimenticare la principale missione della sinistra: rendere la società italiana più giusta e tutelare i più deboli.
Stefano Lepri