In questi giorni è in corso un duro match tra Stato e Regioni sull’entità del Fondo Sanitario Nazionale. Per i nuovi livelli essenziali di assistenza, che dovrebbero consentire di curare malattie rare e finanziare la fecondazione assistita, servono ottocento milioni, già vincolati nel fondo sanitario. Altri cinquecento circa servono per l’acquisto dei farmaci innovativi. C’è poi da rinnovare il contratto dei dipendenti e da coprire il nuovo Piano vaccini. In tutto farebbe due miliardi, ma lo Stato ne ha concesso finora uno.
C’è del vero nelle richieste delle Regioni, ma anche Renzi ha ragione a dire che i soldi stanziati sono di più e che c’è ancora da razionalizzare. Ieri mi hanno intervistato in proposito su La Stampa. Saitta è un bravo assessore e Chiamparino non frena, anzi contrasta i localismi. Il PD è compatto a sostegno dei cambiamenti. Probabilmente la Regione uscirà presto da una condizione di Piano di rientro. Resta tuttavia ancora molto da fare, e l’elenco sarebbe lungo.
Ci sono questioni, difficili e delicate, su cui occorre concentrarci con la determinazione necessaria; ne cito alcune. Le ASL e ASO in Piemonte sono ancora troppe. Alcuni ospedali, pur eccellenti, sono costosissimi e il loro dimagrimento va a rilento. Il ticket sulla farmaceutica - a causa di una scelta scellerata della giunta Bresso imposta allora dai Comunisti Italiani - continua ancora oggi a non essere richiesto ai nuclei (che poi spesso sono i singoli) con meno di 36mila euro di reddito. Cioè quasi tutti i piemontesi, senza distinzione di età, non pagano i due euro per ogni confezione o i quattro per ricetta. Si tratta di un’eccezione unica in Italia. Risultato: sprechi ed utilizzo eccessivo di farmaci griffati, invece dei generici.
Conclusione: possiamo anche dare più soldi alle Regioni, ma bisognerebbe vincolarli ad alcuni obiettivi, non più di due o tre, davvero strategici. Mezzo miliardo in più al SSN, se si ritiene, può anche starci, ma solo con obiettivi di razionalizzazione certi per ogni regione e magari con altri impegni, come il potenziare l’assistenza domiciliare prevedendo almeno una parziale copertura con quota sanitaria degli assistenti familiari.
Stefano Lepri