L’approvazione, avvenuta mercoledì al Senato, del disegno di legge delega sul terzo settore (allego il testo definitivo) se seguita dalla definitiva approvazione alla Camera (che dovrebbe avvenire presto e senza ulteriori modifiche) e con i successivi decreti legislativi, rappresenterà un grande passo avanti.
Negli ultimi trent’anni, infatti, si sono succedute molte leggi (su le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, ecc.) che hanno riconosciuto e promosso realtà operanti per il bene comune e in modo disinteressato, anche in forma imprenditoriale. Mancava tuttavia un loro riconoscimento giuridico come realtà autonome e distinte dall’agire dello Stato e da quello delle imprese operanti per profitto: appunto il terzo settore. Un riconoscimento, peraltro, già ampiamente sviluppato nel campo delle scienze economiche e sociologiche.
Definendo il terzo settore come soggetto giuridico unitario si offre quindi ai cittadini associati e ai soggetti imprenditoriali un unico testo, con modelli organizzativi, regole e incentivi diversificati a seconda della formula adottata. Insomma, diventerà chiara e disponibile una gamma di soluzioni differenziate, pur con tratti comuni.
Al contempo, il fatto di avere una comune carta d’identità (caratterizzata soprattutto dalla finalità civica e solidaristica, dallo svolgimento di attività d’interesse generale e da vincoli stringenti nella eventuale remunerazione dei fattori produttivi), attestato anche dalla tenuta unificata del Registro nazionale, favorirà azioni di sistema tra i diversi soggetti, specie per affrontare bisogni complessi.
La volontà di dare un impianto civilistico semplificato e unitario sarà fondamentale anche per allineare questo piano a quello fiscale. Le norme tributarie (enti non commerciali, onlus, regimi agevolati a seconda delle diverse leggi speciali) si sono infatti stratificate nei decenni, fino a diventare una giungla inestricabile, entro cui si colgono molte contraddizioni. La delega impegna quindi il Governo a rimettere mano alla parte fiscale, per semplificarla e renderla coerente alla disciplina civilistica.
La rappresentazione del terzo settore come soggetto unico, pur articolato in diverse formule, consentirà infine - ma forse questo è proprio l’obiettivo più importante - di individuarlo sempre più spesso come soggetto idoneo (se non talvolta il solo capace) nel dare risposte, sostenibili e partecipate, ai bisogni di protezione sociale, cura della salute, tutela del patrimonio artistico e ambientale, cultura, educazione, tutela dei consumatori, ecc.
L’Italia ha, nel campo della solidarietà e del civismo organizzato, una grande e secolare tradizione. Questa legge potrà servire a rafforzarla, se non a proiettarla verso il futuro.
Il presente commento è stato pubblicato su l’Unità di ieri
Stefano Lepri