Abbiamo fatto il primo round per eleggere i segretari di circolo e provinciali. Ora c’è il secondo, ai più incomprensibile: le convenzioni per selezionare i tre candidati che si sfideranno l’8 dicembre. Dire che è una procedura barocca è fare un complimento: ma non era proprio possibile semplificare? Si, lo era, ma non si voleva avvantaggiare i candidati vicini al probabile vincitore delle primarie nazionali.
Così faremo venire quattro volte gli iscritti a votare: per i circoli e il provinciale, per le convenzioni, per il segretario nazionale e, a febbraio, per il segretario regionale. Un percorso a ostacoli, che rischia di sfiancare quell’elettorato che guarderebbe con simpatia o attenzione al PD, ma che non ne capisce i bizantinismi.
Inoltre, la corsa all’iscritto dell’ultimo minuto ha determinato non pochi problemi e qualche figuraccia. Io non ho fatto parte della corsa, e quindi posso dire con serenità che non mi piacciono i moralisti dell’ultima ora, specie se lo fanno dopo che hanno perso. Resta tuttavia inderogabile cambiare il senso della militanza e il modo attraverso cui si contribuisce, da iscritti, alla vita del partito e alla elezione dei suoi organi.
Comunque, concentriamoci ora sulle primarie dell’8 dicembre, a cui possono partecipare iscritti, ma anche simpatizzanti. Se vincerà Renzi, soprattutto se con una larga maggioranza, avremo finalmente un partito post ideologico, che farà piazza pulita dei simboli e delle liturgie del passato remoto e che potrà rifarsi alle migliori esperienze progressiste e riformiste: penso in particolare a Blair e a Obama.
Che il percorso sia ad ostacoli e con colpi bassi è indubbio. Ho citato, ad esempio, nel mio blog, l’ultimo libro intervista a Bersani. Ma abbiamo un’occasione unica per fare davvero quel partito che avevamo desiderato al momento della sua fondazione. Ora, in queste quattro settimane prima dell’8 dicembre, tocca a noi farlo capire agli italiani.
Stefano Lepri