Poche ore fa la Direzione PD ha dato il suo ok a un percorso che porterà a un nuovo governo. Pur nel rispetto dei toni, gli interventi di molti e il documento votato sono stati chiari: il governo Letta ha esaurito il suo compito e serve un nuovo esecutivo che, nell’arco della legislatura, cioè fino al 2018, faccia le riforme economiche e istituzionali di cui l’Italia ha un drammatico bisogno.
Anzitutto va dato l’onore delle armi a Enrico Letta: un bravo politico e un bravo primo ministro, che però ha avuto una squadra con molti ministri deludenti. Non si poteva andare in guerra con generali (i ministri) già spremuti, o indicati da poteri forti, o intenti a osservare la realtà invece che a cambiarla.
Noi al Senato abbiamo dovuto sopportare un’invasione di “decreti polpettone”, scritti dai tecnocrati, pieni di misure diverse che hanno spesso finito per alimentare promesse legate a decreti attuativi non ancora emanati.
In più sono stati fatti errori grossolani, che hanno finito per indebolire la reputazione del governo: la vicenda Kazaka, quella Fonsai, l’IMU pagata dopo averla abolita, l’emendamento sulle slot preteso dal ministero dell’economia, la riduzione (poi rientrata) dello stipendio agli insegnanti, ecc. Ma soprattutto, è emersa in questi mesi evidente la sproporzione tra le attese non rinviabili dei cittadini e delle imprese, tra gli obiettivi del nuovo corso PD e il passo lento del governo. Così anche alcuni buoni risultati (soprattutto la messa in sicurezza dei conti, l’avvio dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, il controllo dello spread) sono rimasti sullo sfondo.
Il nuovo corso parte con il coraggio degli audaci, ma anche carico di insidie. Vedremo nelle prossime ore come evolverà la situazione, ma certamente Matteo Renzi ora ha davvero il monopolio della speranza. Sarà capace di trascinare non solo una squadra di valore, ma l’intera Italia, nella prossima sfida? Di sicuro la più impegnativa e difficile tra quelle che finora ha vinto. Con l’ambizione, ha ricordato, di chi non si sottrae alle responsabilità. (foto www.repubblica.it )
Stefano Lepri