Ho fatto passare troppi giorni dalle elezioni trionfali del 25 maggio, un po’ per pigrizia e per stanchezza, un po’ perché i commenti sono stati tantissimi ed è difficile trovare qualcosa di nuovo da dire. La netta vittoria è stato merito della straordinaria mobilitazione della rete di militanti, simpatizzanti e amministratori del PD, cioè di noi, di ciascuno di voi, che ringrazio con un abbraccio via web. Merito anche dei gruppi parlamentari e del partito che, per la prima volta dopo tanti anni, hanno dato prova di forte compattezza, specie nelle ultime settimane di campagna elettorale. Ma, onestamente, merito soprattutto di Matteo Renzi, che in pochi mesi ha guadagnato la guida del partito, poi il Governo, ma soprattutto la fiducia degli italiani. Ecco alcune ragioni del suo trionfo.
Visione: gli italiani hanno avuto chiara, finalmente, la prospettiva in cui ci si muove: riduzioni dei costi della politica e riforme istituzionali, più potere d’acquisto (80 euro al mese) a favore dei lavoratori dipendenti, tetto ai manager pubblici, taglio agli sprechi (a che serve il CNEL?), riduzione dell’IRAP per le imprese, più tasse alle rendite finanziarie e alle banche, sblocco del patto di stabilità per ristrutturare le scuole, regole semplificate sul lavoro, riduzione dei costi per l’energia per le imprese. E molto altro.
Orgoglio. Renzi ci ha ridato l’orgoglio di essere italiani: visitando le tante eccellenze della nostra industria e della nostra agricoltura, riconoscendo agli insegnanti la dignità e la delicatezza del loro ruolo, aprendo anche ai privati pur di recuperare e valorizzare presto il nostro straordinario patrimonio artistico, affermandosi subito come uno dei migliori leader europei, battendo i pugni a Bruxelles per far capire che di troppo rigore si muore.
Scaltrezza: prima ha fatto il rottamatore, interpretando e incanalando giustamente l’indignazione e la rabbia degli italiani. Poi ha conquistato il partito, spiegando che se si vuole vincere i voti bisogna prenderli anche agli altri, andando oltre “la ditta”. Ha coinvolto Berlusconi nel processo di riforme istituzionali e la ha invitato nella sede del PD, scongelando il partito agli occhi dei moderati. Quindi è andato al governo, sostituendo un leader capace ma circondato di incapaci e troppo condizionato dalla destra e dai poteri forti (a proposito, non sento più i malpancisti che avevano accusato Renzi di tracotanza; talvolta un po’ di cattiveria è a fin di bene).
Immagine e sostanza: attenzione a valorizzare le donne (capilista in tutte le circoscrizioni per le elezioni europee e presenti per la metà al governo e in segreteria del PD) e i giovani (gran parte dei membri del governo sono under 40); basta auto blu, meglio a piedi, in bici, in treno o in taxi; riforme non solo annunciate ma seguite da linee guida e disegni di legge delega; velocità come stile e pratica (tweet alle sei e mezzo di mattina, per far capire che la politica deve correre e recuperare il tempo perso); comunicazione diretta e amichevole con i giornalisti, cinguettii, selfie e batti cinque con i cittadini e i ragazzi, per parlare il linguaggio diretto ma anche per ascoltare e capire; capacità di parlare semplice e diretto, anche alla casalinga e alla nonna che lo adotterebbe come nipote perfetto. Nell’ultima settimana di campagna elettorale ha fatto capire che si votava per lui o per Grillo, quasi fosse un referendum. Come è andata è noto.
Fortuna che aiuta, si dice, gli audaci. E Renzi è stato anche fortunato. Se avesse vinto Bersani lo scorso anno, come era nell’ordine delle cose, oggi sarebbe ancora sindaco di Firenze. Ha sfidato un centrodestra allo sbando con un Berlusconi condannato e in declino. Ha potuto contare sui regali di Grillo, che ha impaurito gli italiani paventando una nuova marcia su Roma e giudizi sommari via web contro chiunque. E ha potuto fruire del traino delle elezioni amministrative, regionali ed europee, dove le preferenze ci hanno aiutato non poco, visto che siamo l’unico partito con tanti bravi amministratori e una rete, vetusta ma robusta, di militanti.
Insomma, grazie a tutti, ma grazie soprattutto a M. R. Alla faccia (mi levo solo un sassolino) di tanti che non lo volevano o non lo sopportavano. Ora dobbiamo dimostrare di aver meritato la fiducia. Bisogna solo correre, come hanno fatto i bersaglieri per la festa della Repubblica, ma senza fanfare.
Stefano Lepri