Mercoledì Matteo Renzi ha inaugurato il semestre europeo con un grande discorso di fronte al nuovo Parlamento europeo. Un intervento memorabile, pieno di energia, diverso dai soliti piagnistei o dagli elenchi interminabili con cui i primi ministri di solito stroncano i parlamentari. Questi ultimi costretti invece a parlare (quella sì è civiltà) non più di due minuti per ciascuno.
Messo da parte subito il programma delle iniziative da qui a dicembre (speriamo che si faccia ancora il summit a Torino su giovani e lavoro), Renzi ha fatto subito intendere il vero obiettivo del semestre, ma anche del nuovo parlamento europeo, dove il PD, forte del suo 40,8%, è il primo partito per parlamentari eletti: ridare un’anima all’Europa, oggi percepita dai più con distanza o, più benevolmente, con noia. Un’Europa dei popoli, più che un punto nella cartina geografica nel mondo, culla della civiltà e ancora in grado di svolgere un ruolo guida, se solo riscoprisse le sue radici e la passione di un disegno comune. Non si tratta di vivere di ricordi; piuttosto, bisogna andare oltre a una concezione economicista e tecnocratica che sola sembra aver contato in questi ultimi anni, al punto che i popoli hanno spesso individuato, a torto, nel vecchio continente le ragioni di una crisi che invece trova radici soprattutto altrove. Più volte Renzi ripete un obiettivo emblematico, il programma Erasmus, così da permettere a ciascuno giovane, magari una sola volta nella vita, di fare un’esperienza cosmopolita e di intuire il destino comune degli europei.
Troppa austerità, troppo rigore imposto dal governo delle banche e dalla supremazia tedesca hanno contribuito ad affamare alcune nazioni o intere regioni, pur se, invero, le colpe sono state soprattutto di quei governi nazionali che hanno ingigantito la spesa corrente negli anni. Quindi il tema non è riprendere a buttar via i quattrini nella spesa pubblica improduttiva, ma consentire di allentare i vincoli di bilancio esclusivamente a fronte di investimenti pubblici (negli edifici scolastici, nel contrasto al dissesto idrogeologico, nella ricerca applicata, nelle grandi reti infrastrutturali, nel risparmio energetico, ecc.) che dovrebbero garantire quella crescita del PIL e migliorare la competitività delle imprese nel contesto della competizione globale.
Renzi ce la farà? E’ probabile. Nonostante le opposizioni della Banca tedesca o di qualche paese a libro paga della Merkel, si sa che l’insofferenza è alle stelle e che i populismi stravincono, ad esempio in Francia, laddove non si è stati capaci di far capire l’utilità dell’UE. Se riusciremo a cambiare verso in Europa, oltre che in Italia, sarà anche e soprattutto merito dell’Italia e del suo leader. Un risultato inimmaginabile, solo fino a pochi mesi fa.
Stefano Lepri