Tra due giorni si vota per il rinnovo della gran parte delle amministrazioni locali, grandi città in primis. Inutile nasconderlo: è il primo vero test per il PD renziano dopo il grande successo alle europee. Il vento di novità portato dalla rottamazione è un po’ svanito, sostituito dalla grande mole di riforme, molte ancora in stato di attuazione.
Governo e Parlamento hanno lavorato bene, anche se talvolta in modo frenetico. Ma bisognava recuperare tanti anni di inerzia e ridare fiducia ad una Paese disilluso e pessimista. Non so se gli italiani stanno percependo questo sforzo; lo spero, anche se è più facile scegliere la più comoda strada del qualunquismo o del populismo.
Queste elezioni, peraltro, sono anzitutto locali, ed è bene sottolinearlo: si giudicano le cose fatte nelle città in cui si vive e i programmi di chi si candida. A Torino abbiamo governato bene, anche se si può migliorare. Ora che vivo a Roma per metà della settimana vedo la differenza: nei trasporti, nella raccolta rifiuti, nella manutenzione delle strade e dei marciapiedi, nel decoro delle periferie, nei servizi sociali ed educativi. Fassino e la sua maggioranza, con le diverse sensibilità e culture politiche, garantiscono quella continuità nelle cose ben fatte che è un valore. Perché si rottama, come ha detto Renzi lunedì a Torino, non per partito preso, ma solo quando le cose non si muovono o vanno male.
Delle tante cose buone, ricordo la scommessa fatta in questi vent’anni sul rilancio dell’industria automobilistica. Gli enti locali hanno fatto la loro parte, soprattutto dal punto di vista urbanistico, con operazioni che talvolta sono sembrate discutibili. Ma hanno dato una mano, in aggiunta alle ritrovate doti manageriali e strategiche di FIAT: è di oggi la notizia di un grande risultato di vendite di FCA, mentre sono rientrati in fabbrica a Mirafiori centinaia di lavoratori da anni in cassa integrazione. La componentistica auto cresce più della media degli altri settori industriali. Alla faccia di una certa sinistra massimalista che, solo per dispetto, forse preferirebbe vedere perdere a Torino un centrosinistra riformista. Resteranno delusi.
Stefano Lepri