Il dibattito di questi giorni sulla sconfitta elettorale - in attesa delle direzioni nazionale e regionale - segna solo alcune indiscrezioni: vi sarebbero alcuni inviti al segretario regionale a dimettersi. Il virgolettato, nel caso delle dichiarazioni più autorevoli, sembra sia stato riportato scorrettamente da terzi, ma il condizionale è ancora d’obbligo. Brillano allora, almeno per franchezza, altre dichiarazioni di un collega senatore, secondo cui “il tema non sono le dimissioni di Gariglio, anche se al suo posto le avrei già rassegnate”.
A me non piacciono queste posizioni: o le dimissioni si chiedono, ma vanno motivate, oppure si tace e si lavora insieme per migliorare le cose che non vanno. In proposito sono chiaro: non credo che Gariglio sia particolarmente responsabile, come segretario regionale, delle sconfitte.
A Torino si è perso per varie ragioni. Ma difficilmente si può attribuire la responsabilità a un segretario regionale che cinque anni fa sfidò lo stesso Fassino alle primarie, quasi a dire della necessità già allora di un rinnovamento (almeno generazionale) che la maggioranza del PD non volle.
Il risultato deludente di quasi tutti i Comuni della cintura di Torino in cui si è votato è stato frutto di scelte autonome dei singoli circoli o della segreteria provinciale. E che dire della sconfitta di Novara, con un sindaco giovane uscente: si poteva forse impedirgli di correre per un secondo mandato? Così come non sono sorprendenti gli altri risultati in quella provincia, in terre da sempre di centrodestra.
Che anche Davide abbia fatto errori e debba fare autocritica è indiscutibile. Li ho fatti anch’io. Che gli venga pubblicamente chiesto di farsi da parte è invece inaccettabile, e chi lo chiede fa solo torto ai piemontesi che lo hanno voluto. Poi scopri che quel qualcuno lo chiede più per ottenere altro. E allora almeno è chiaro.
Stefano Lepri