Ieri ho fatto notare il rischio di vedere la Torino pentastellata indossare la vestaglia. Era un modo per dire che siamo preoccupati dall’assenza di una visione internazionale e orientata allo sviluppo, mentre sembra dominare l’attenzione (peraltro non sbagliata) al solo “piccolo è bello”.
Leggendo un po’ meglio il programma, oggi posso dire che crescono i dubbi. Mi sono domandato: cosa dice il programma di Appendino sulle prospettive dell’industria, della metalmeccanica, dell’aereospazio, dell’automotive? Risposta: nulla o quasi. Cercate pure e non troverete una riga sul tema; c’è una sola volta l’aggettivo industriale, ma quando si parla di recupero delle aree dismesse. Si rintraccia solo un generico cenno a un tavolo di lavoro per favorire gli insediamenti di imprese estere in città.
Si dirà che le fabbriche in città sono ormai poche. Vero, ma abbiamo pur sempre Mirafiori e Alenia, tante per ricordarne due. Siamo stati la più grande città manufatturiera d’Italia. La prima cintura (che pur sempre, informo, confina con Torino e fa parte della città metropolitana) è ancora piena di piccole e medie industrie. E meno male.
Ma tutto questo al monocolore 5stelle non sembra interessare. Quasi che l’industria sia solo un fastidio che inquina. Quasi che essa non necessiti di relazioni con il territorio e con i suoi amministratori pubblici. Quasi che non abbia bisogno di un contesto produttivo e di servizi favorevoli. Dunque, per la nuova maggioranza la grande e media manifattura a Torino non esiste; se esiste faccia da sé, semmai serve.
Sull’Appendino, insomma, non ci sono tute blu.
Stefano Lepri