di Stefano Lepri
Questa settimana si comincia a votare al Senato la legge delega sul contrasto alla povertà. Ci si confronterà - pur indirettamente non essendo in discussione - anche sulla proposta 5Stelle per un reddito di cittadinanza: potremo così metterla a nudo, evidenziando quanto sia pericolosa e insostenibile.
Ai pentastellati riconosciamo l'onore delle armi: non sono loro ad aver inventato una misura di quel genere, visto che ve ne sono già di simili (e migliori) in molti Paesi e che una sperimentazione in Italia avviene da molti anni. Ma sono loro ad aver posto con più insistenza la questione sul tavolo della politica. Ciò detto, la loro ricetta è piena di difetti tanto che, se non fosse offensivo, la definirei ridicola.
Il limite più evidente, direi incredibile, sta negli importi massimi assegnabili (si veda l'allegato 1 del ddl Catalfo e altri presentato al Senato). Si può arrivare fino a 780 euro mensili per la singola persona, ma applicando una scala di equivalenza a dir poco generosa si arriva a cifre esorbitanti. Per esempio, una famiglia con due adulti e due adolescenti può ottenere fino a 1.950 euro al mese!
A cui si possono aggiungere ulteriori sostegni per l'affitto, il diritto allo studio, ecc. Se poi il beneficio è accettato su carta di credito prepagata, è previsto un ulteriore cinque per cento. Insomma, una specie di Paese di Bengodi, dove chi è disoccupato e non trova lavoro, pur attivandosi, potrebbe per anni ricevere un sussidio largamente superiore al reddito della gran parte degli italiani che lavorano, anche con elevate competenze.
Non ci vuole molto a comprendere che cifre di questo genere disincentivano la ricerca di un impiego; non basta certo una legge che impone di darsi da fare e di accettare le possibili offerte per evitare la "trappola della povertà". Secondo grave limite è che il contributo viene dato "a integrazione" del reddito percepito: se la famiglia portata prima come esempio guadagnasse 1.300 euro mese, avrebbe diritto a un'integrazione di 650 euro ogni mese.
In sostanza, si tratterebbe di una sorta di reddito garantito, ma tutt'altro che minimo. In questo modo sarebbero infatti molte milioni le famiglie che ne avrebbero titolo. Tra l'altro con un assurdo paradosso: poter avere un sussidio anche in presenza di un reddito pieno, ma inferiore a quello considerato "di cittadinanza". Con queste premesse, è evidente come la dotazione necessaria, pur già altissima (17 miliardi di euro all'anno) si rivelerebbe largamente insufficiente. Senza considerare le coperture previste, che attingono all'armamentario più fantasioso della demagogia grillina.
Semmai qualcuno fosse ancora convinto della bontà della proposta, cederebbe definitivamente leggendo il modello organizzativo: sono previsti moltissimi nuovi operatori, per verificare ogni cambiamento nella condizione reddituale e patrimoniale dei richiedenti, rifare mille conteggi, verificare la frequenza ai corsi di formazione, applicare le sanzioni, gestire il contenzioso. Insomma, una macchina infernale, che avrebbe l'unico effetto certo di complicare ulteriormente la burocrazia e di assumere qualche migliaio di dipendenti pubblici.
La proposta che voteremo in questi giorni non ha, ovviamente, questi limiti. Definisce sussidi ragionevoli (320 euro mese per la stessa famiglia portata prima come esempio) e tali da non disincentivare l'impegno. Copre in particolare i costi per il sostegno dei figli a carico, specie a favore degli incapienti. Conta sullo sviluppo dei servizi sociali e per l'impiego, ma cercando di non moltiplicare gli adempimenti. Ha ancora un limite, quello della dotazione: partiamo da due miliardi per il 2017, ce ne vorrebbe almeno il doppio, forse il triplo. Ma due miliardi, finora, non si erano mai visti nella lotta alla povertà.
In conclusione, il disegno di legge che voteremo in questi giorni al Senato è un bel passo avanti, ma non basta. Ci vuole anche - come detto ieri da Renzi - un grande programma di lavori di cittadinanza, in forma diversa da quella fallimentare degli Lsu. Approvandolo, respingeremo anche una proposta tanto sbandierata, quanto pericolosa e insostenibile. Se non conoscessimo il pressappochismo dei Cinque Stelle, potremmo credere che si tratti almeno di una trovata elettorale pensata, meglio di Babbo Natale e di Achille Lauro, con i soldi dello Stato.
fonte: http://www.huffingtonpost.it/