Oggi al Senato abbiamo approvato il disegno di legge che abolisce il finanziamento pubblico diretto ai partiti, impone loro trasparenza e democraticità e disciplina la contribuzione volontaria e quella indiretta in loro favore. Leggi il testo approvato in prima lettura alla Camera, senza ancora gli emendamenti apportati oggi. Ora si dovrà tornare alla Camera per la definitiva e veloce approvazione, entro pochi giorni.
Il provvedimento ha un suo equilibrio complessivo, che respinge due visioni entrambe criticabili. C’è chi, anche tra le nostre fila (intervento Sposetti) ha fortemente criticato il provvedimento, sostenendo che l’indipendenza della politica sia possibile solo grazie al suo pieno e diretto finanziamento pubblico e mettendo in guardia dal rischio di dipendere dalle lobby. C’è del vero in queste argomentazioni, che tuttavia non considerano la grave degenerazione avvenuta in questi ultimi vent’anni nell’utilizzo delle risorse assegnate come rimborso elettorale (intervento relatore Maran).
Dall’altra, abbiamo assistito alla solita propaganda populista e demagogica, specie dei grillini, che fanno finta di non sapere che la costosa pubblicità sul loro blog viene incassata da una società privata e che la loro opinione è eterodiretta dal filtro del capo.
La nuova disciplina ha invece (intervento relatrice De Monte) un suo equilibrio: il finanziamento pubblico resta, ma diventa condizionato alla volontà discrezionale dei cittadini e delle imprese, che possono versare ai partiti erogazioni liberali detraendoli in parte. I cittadini possono poi destinare volontariamente il due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Il tutto, però, viene condizionato a norme per l’osservanza del metodo democratico: obbligo di uno statuto, criteri per la selezione della classe dirigente e dei candidati, revisori dei conti, trasparenza sui finanziatori, parità di accesso alle cariche elettive, ecc. Il finanziamento diretto continuerà per ancora tre anni, ma con un progressivo e netto decremento, così da permettere un passaggio progressivo al nuovo regime.
Insomma, il patto ora è chiaro: gli italiani, ma solo se lo vogliono, potranno finanziare la politica: indirettamente in dichiarazione dei redditi o direttamente, con donazioni incentivate. E avranno modo di controllare meglio i partiti, visti gli obblighi di trasparenza e democraticità. In questo modo si avvicinano i cittadini alla partecipazione pubblica e si costringono i partiti a diventare “case di vetro”.
Per me è un bel risultato, frutto in particolare del profilo riformista e determinato del nuovo PD.
Stefano Lepri