Cosa sta accadendo al territorio piemontese? Chiunque esca dalla città capoluogo attraverso le grandi direttrici che portano verso gli altri centri della provincia, si trova da anni di fronte ad uno spettacolo di gru e cantieri in costruzione: centri commerciali, capannoni, edilizia residenziale.
I dati offrono un preciso riscontro di questa impressione.
In Piemonte tra il 1990 e il 2005 è stato sono stati consumato il 18.39% del territorio disponibile, più che nel resto del Paese. Questa tendenza risulta ancora più impressionante se si pensa che, sulla base dei dati Istat, la popolazione in questi quindici anni è rimasta sostanzialmente invariata.
Niente più spinte migratorie da assorbire nella metropoli, né altri fenomeni che facciano pensare alla necessità di assegnare ulteriori territori alla residenza, al commercio o alle attività produttive. Tuttavia il consumo di territorio è proceduto a ritmi impressionanti, tali da esaurire, in prospettiva, entro il volgere di una generazione, una quota significativo del territorio che nei precedenti millenni non era stato oggetto di antropizzazione.
Ciò avviene anche restringendo lo sguardo alla Provincia di Torino. Un’indagine recentemente presentata ha messo in luce aspetti preoccupanti. Negli ultimi sei anni l’occupazione del suolo è cresciuta del 9.3%, pari all’1.5% annuo.
In alcuni comuni dell’area metropolitana torinese l’espansione delle aree urbanizzate aumenta con un ritmo superiore al 3% annuo; e si tratta di aree in cui tali fenomeni non sono certo spiegabili con riferimento a quel momento straordinario rappresentato dalla stagione olimpica.
Bene quindi ha fatto la Provincia di Torino a bloccare, proprio in questi giorni, la possiblità di nuova edilizia in aree agricole. Ciò non significa certo fermare l’ampliamento dell’edilizia, bensì semplicemente realizzarla in aree già a ciò destinate o comunque compromesse.