Stefano Esposito ha dichiarato a Lo Spiffero che è stufo delle beghe tra Popolari nel PD e che chi, tra loro, sostiene Renzi lo fa solo perché Morgando ha scelto Bersani. Conosciamo l’onorevole, che dove può mette zizzania, ma questa volta non faccio spallucce. Facile rispondergli: ma gli ex DS non si sono divisi per scegliere tra Susta e Morgando, o tra Bersani e Franceschini? E’ stato solo per nobili motivi politici o forse anche per storiche incomprensioni o a causa di uno scontro generazionale?
Bizzarra poi è l’accusa di averci concesso più posti pur di farci stare bravi. Non è tempo di manuale Cencelli, ma basterebbe vedere gli eletti nelle varie amministrazioni di area ex margherita e confrontare il loro peso con quello dei nominati per farci dire che la realtà è l’opposto di ciò che dice l’onorevole. Non ci si lamenta, ma esser presi in giro, quello no.
La diversa scelta sulle primarie è, invece, tutta politica. C’è chi, legittimamente, finisce per accettare che la proposta socialdemocratica sia inclusiva anche di altre culture politiche e chi, invece, pensa che il PD debba ancora realizzare una nuova sintesi che segni discontinuità. Esemplifico: siamo per un partito mite, rispettoso delle minoranze oppure egemonico? Aperto a collusioni e consociativismi o rispettoso dell’autonomia delle imprese e dei corpi intermedi? Capace di sostenere le responsabilità familiari e di comunità, oppure attento solo ai diritti individuali? Sostenitore inconsapevole della spesa pubblica fuori controllo in nome dello sviluppo e dell’occupazione, oppure capace di amministrare guardando anche alle nuove generazioni?
Esempi concreti: perché la linea economica la indica Fassina e non uno bravo (e vicesegretario) come Enrico Letta? Non sopportiamo che Rosy Bindi, presidente del partito, dopo aver fatto un prezioso lavoro sui temi eticamente sensibili, sia stata insultata alle feste del PD senza essere difesa, se non dopo lungo sollecito.
In questo ragionamento Matteo Renzi c’entra. Perché lavora per un partito nuovo che segna discontinuità, per tutti, dalle rispettive tradizioni. Perché prende atto dei limiti di una generazione di politici, pur esagerando nel voler rottamare le singole persone. E perché spinge a rimetterci in gioco, senza accontentarci di sopravvivere o di guardare al passato.
Stefano Lepri
Non so chi sia l’anonimo che si firma “umanesimo” (che coraggio!!), ma temo non abbia compreso. Io ho solo risposto a chi ci accusa di cercar posti, dicendo che è il contrario. Quanto alle diatribe tra Letta e Fassina, sono emblematiche di una diversa linea politica: proprio ciò di cui ho parlato nell’articolo.
Stefano Lepri