Sulla TAV le posizioni sono diverse: parafrasando la religione, abbiamo fanatici, osservanti, scettici, agnostici, atei.
Nel nostro partito la gran parte degli iscritti e amministratori ci crede. Tuttavia non siamo in questo caso di fronte ad un atto di fede, ma a una decisione che è stata presa con metodo democratico da una larga maggioranza e che, quindi, va riconosciuta anche da chi la contesta.
Peraltro la TAV sta assumendo un valore evocativo che va oltre la discussione sull’utilità dell’opera. Contestandola si mette in discussione un certo modello di sviluppo, si vuole rappresentare il carico di fatiche, d’incertezze, di disillusioni che pesa su molte persone e famiglie.
C’è poi una dose di contestazione politica verso i partiti e anche verso il PD, talvolta accusato di essere eccessivamente attento a una modernizzazione “spinta” e alle grandi opere. Noi non dobbiamo essere il partito della “calce e carrello”, e un buon esempio in questo senso è dato dal Piano del Territorio della Provincia, che ha bloccato la costruzione di nuovi insediamenti produttivi e di abitazioni sui terreni agricoli.
Intendiamoci: le grandi opere servono e non possono essere messe in alternativa ad altro. Tuttavia devono convincere e non essere le sole. Per questo occorre ora lavorare per:
- il Piano strategico di sviluppo della Val di Susa, visto come occasione di rilancio dell’economia locale e di costruzione di piccole opere essenziali, a cominciare dal trasporto ferroviario locale;
- definire stringenti meccanismi per la trasparenza nelle procedure e il contenimento dei costi onde evitare che, come già accaduto in altre parti d’Italia, essi lievitino in modo non sempre comprensibile;
- un approfondimento ulteriore sul percorso in bassa valle e sul nodo di Torino, pur sapendo che si tratta di questione che ha subito un rinvio;
- un piano nazionale dei trasporti che fin da subito introduca forti sistemi di incentivo/disincentivo, per trasferire le merci da gomma a ferro.