Il mio disegno di legge, firmato da cinquanta senatori e ora in discussione con gli emendamenti in commissione finanze, ha un’idea chiara: chiunque ha figli, a prescindere dalla sua condizione, non può essere lasciato solo nel mantenerli. Una parte di questo costo deve essere a carico della collettività, cioè della fiscalità generale. Tu genitore hai diritto non solo ad alcuni servizi, ma anche a una dote statale per ogni figli a carico. I lucidi allegati riportano in sintesi la proposta.
Un diritto che prescinde dal fatto che tu lavori o meno, che tu sia lavoratore dipendente o meno. Perché oggi in Italia avviene questo: se sei lavoratore autonomo non hai gli assegni familiari; se sei incapiente non hai neanche le detrazioni per figli a carico. L’assegno per i figli sarebbe quindi anzitutto una forma di redistribuzione a favore di quei genitori che oggi lo Stato non aiuta o aiuta troppo poco.
La proposta poi avrebbe poi il pregio della semplificazione: tutte le attuali misure di trasferimento (eccetto quelle per acquistare servizi) verrebbero abolite e assorbite dall’unico Assegno per i figli. Ogni mese l’INPS lo erogherebbe sul conto corrente dei genitori, così che verrebbe meglio percepito il suo valore ma anche la sua destinazione vincolata per i figli. Ogni figlio avrebbe la stessa cifra.
In terzo luogo, aiuterebbe la natalità: darebbe ossigeno alle famiglie povere e ai lavoratori autonomi (che sono soprattutto giovani adulti in età da genitore) che oggi non possono mettere al mondo figli perché temono di non avere risorse e continuità di reddito. Ma, soprattutto, darebbe a tutti, anche agli occupati oggi stabili ma domani chissà, la certezza di un contributo sicuro. Io genitore so per certo che, fino a quando mio figlio sarà grande, potrò sempre contare su una certa dote, ogni mese, accreditata sul mio conto corrente.
E’ prevista una blanda selettività, su base ISEE, per cui i tre quarti delle famiglie avrebbero il contributo pieno. Vi sarebbe poi una fascia che ne beneficerebbe in parte via via decrescente; solo l’ultimo decile più ricco sarebbe escluso dal beneficio.
E’ prevista una clausola di salvaguardia, che assicura di fruire comunque di un importo non inferiore a quello oggi complessivamente percepito con le diverse misure. Anche le famiglie numerose sono tutelate.
Oggi complessivamente si spendono già circa sedici miliardi all’anno per i figli a carico. In due anni e con quattro miliardi aggiuntivi abbiamo stimato, con molte simulazioni attendibili e tutto compreso, un contributo per ogni figlio a carico di 150 euro mese pro capite dal settimo mese di gravidanza e fino a tre anni; di 125 euro da tre anni fino ai diciotto; di 100 euro dai diciotto ai venticinque anni. Con sei miliardi in tre anni si arriverebbe invece a 200, 150 e 100 euro mese pro capite, a seconda delle tre fasce di età. Circa due miliardi servirebbero per eliminare i residui oneri a carico delle imprese per gli assegni familiari. Una cifra importante, certo, ma non impossibile considerata l’importanza della misura. Che può essere coperta in molti modi.
In conclusione sarebbe una vera riforma strutturale in quanto equa, semplice e promozionale. Ridarebbe slancio alla natalità e fiducia ai giovani, che vedrebbero ridotto l’ostacolo economico a diventare, magari più volte, papà e mamma.
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Stefano Lepri