L’assessore pentastellato del Comune di Torino Marco Giusta, assurto agli onori più per rappresentanza che per curriculum, vuole ancora sorprendere. Partendo dal solo tema di cui finora si è occupato, arriva a sostenere (ieri su La Repubblica) che nella nuova legge vi sarebbe discriminazione nei confronti delle persone conviventi eterosessuali.
Qualcuno prima o poi gli spiegherà che un assessore deve applicare le leggi, più che commentarle o interpretarle a modo suo. E che un assessore dovrebbe approfondire le questioni e leggere gli atti del dibattito parlamentare, prima di lasciare spazio, si fa per dire, all’intuito. Avrebbe così saputo che tutti i principali sostenitori della legge sulle unioni civili hanno convenuto sull’opportunità di regolare in modo “soft” diritti e doveri delle persone conviventi.
Il perché è evidente: se uno vuole diritti importanti e onerosi, come pensioni ed eredità, deve assumere anche doveri impegnativi. E deve riconoscere pubblicamente il proprio impegno di reciprocità in un modo semplice: sposandosi. O, nel caso delle persone omosessuali, facendo l’unione civile. Oggi, tra l’altro, c’è il divorzio breve e quindi vengono meno molte delle remore e delle difficoltà avanzate in passato. Per chi invece, stabilmente convivente, non vuole sposarsi o fare l’unione civile, la nuova legge riconosce comunque alcuni diritti e doveri base; indica poi come regolare, privatamente, gli aspetti patrimoniali tra le parti.
Semplice, chiaro e giusto per quasi tutti i parlamentari, non per il Giusta. Che invece prefigura (invano) una singolare idea su come superare le discriminazioni: trattare situazioni e scelte diverse tutte allo stesso modo. Così finendo invece per discriminare davvero.
Stefano Lepri