Il Terzo settore mi sta a cuore. L’ho studiato e praticato fin da giovane, dedicandoci i miei primi dieci anni lavorativi,
come racconto nella mia biografia. Ho cercato di valorizzarlo durante i miei otto anni da Assessore ai servizi sociali, ma anche in quelli fatti in Consiglio regionale.
Poi ho avuto l’onore, in questa legislatura, di fare il relatore del disegno di legge delega.
Ci ho messo del mio e credo di aver contribuito a migliorare il testo approvato. In particolare, sono contento che l’impresa sociale sia stata definita senza dubbio come ente di terzo settore, con vincoli e limiti coerenti con la storia italiana di questi ultimi trent’anni.
La nuova legge delega sul terzo settore e i relativi decreti legislativi sono uno dei più importanti risultati di questa legislatura. Il fatto di avere una comune carta d’identità – caratterizzata soprattutto dalla finalità civica e solidaristica, dallo svolgimento di attività d’interesse generale e da vincoli nella eventuale remunerazione dei fattori produttivi – favorirà azioni di sistema tra i diversi soggetti, specie per affrontare bisogni complessi.
Il riconoscimento del terzo settore come soggetto unico, pur articolato in diverse formule, consentirà di individuarlo spesso come soggetto idoneo nel dare risposte ai bisogni di protezione sociale, cura della salute, tutela del patrimonio artistico e ambientale, cultura, educazione, tutela dei consumatori, ecc.
L’Italia ha, nel campo della solidarietà e del civismo organizzato, una grande e secolare tradizione. Sono orgoglioso di avere contribuito a valorizzarla e a renderla attuale con il lavoro parlamentare, il confronto politico
e l’azione divulgativa.